La galleria-rifugio antiaerea sotto il castello
La guerra aveva lasciato alla città molti problemi irrisolti tra cui quello della galleria-rifugio antiaereo, scavata nelle viscere del Castello, con entrata ai piedi della collina (via Galilei). Anzitutto occorreva definirne la proprietà, e già su questo argomento si aprì direi una guerra (questa volta senza uso di bombe) tra lo Stato ed il comune di Tortona, ed un’altra guerra – non meno violenta – sorse tra lo Stato da una parte e l’impresa costruttrice dall’altra che attendeva il pagamento dell’opera. Conclusione: per una decina di anni la galleria fu abbandonata a se stessa e le varie trattative non raggiunsero una soluzione concreta, mentre le varie parti in conflitto si chiedevano: ed ora che cosa fare? Ecco che dieci anni dopo, nel 1955, sembrò aprirsi uno spiraglio, quando la galleria fu richiesta per usi ben diversi da quelli per cui era stata costruita.
Con verbale 10 maggio 1955, pur rimanendo di proprietà dello Stato, essa fu data in consegna dall’Ufficio Tecnico Erariale di Alessandria al comune di Tortona. Ad esso poco dopo giunse una richiesta da parte del dott. Innocenzo Guzzardi e dell’ing. Giulio Carisano di concedere in affitto una parte della galleria per la coltivazione di funghi commestibili. La richiesta fu attentamente valutata e il 5 novembre 1955 il consiglio comunale approvava all’unanimità, e senza osservazioni, la concessione, però, ad alcune precise condizioni. Anzitutto fu messa a disposizione dei richiedenti solo quella parte di galleria rivestita in muratura, per una superficie utile di 370 metri quadrati, con entrata esclusivamente da via Ribrocchi, facendo obbligo ad essi di chiudere la parte della galleria non concessa in uso. La concessione avrebbe avuto una durata di cinque anni, rinnovabile. Il canone annuo per la società concessionaria fu fissato in 10 mila lire. Tuttavia, con nota della Prefettura 9 marzo 1956, si comunicava che gli organi tecnici provinciali non avevano ritenuto congruo il canone annuo stabilito dal consiglio comunale e, pertanto, chiedevano doversi esso elevare ad almeno a £. 18.000 annue per un quinquennio. E su questa base il comune e la società “Derthona Funghi” nelle persone dei signori Guzzardi-Carisano sottoscrissero il contratto d’affitto per cinque anni, come definito nella seduta di giunta 4 maggio 1956. Seguì un lungo periodo durante il quale i concessionari dotarono la galleria di tutte le attrezzature necessarie e furono avviate coltivazioni sperimentali. La coltivazione dei funghi entrò a pieno regime solo nel 1962, quando furono attivate dieci camere di pastorizzazione a temperatura costante a 18° e con umidità che oscillava tra il 95 e il 100%. Operava una decina di uomini, addetti soprattutto a lavori di movimentazione. Si preparavano casse (m.1,50 x 0,80) che si riempivano con letame di cavallo (un letame che doveva rispondere a precise caratteristiche, per questo veniva reperito solo presso le scuderie degli ippodromi), si miscelava quindi con terra e si bagnava, procurando la fermentazione. Quindi si seminavano i semi o miceli, che si acquistavano in Svizzera, da dove giungevano via aerea a Milano o a Torino: il trasferimento doveva essere molto rapido, altrimenti i miceli sarebbero diventati improduttivi. Il ciclo di coltivazione, a rotazione continua, durava 25/30 giorni. Venivano coltivati funghi ‘champignon’ in larga parte venduti freschi a grossi commercianti (tra i quali il tortonese Chiaudani), mentre il restante veniva confezionato sott’olio in vasetti in un apposito laboratorio in zona Virgo Potens. Di questo lavoro si occupavano 7/8 donne. L’attività continuò fino al 1973, quando scoppiò la crisi energetica. La difficoltà ad approvvigionarsi di combustibile per il funzionamento degli impianti fu la causa prima dell’interruzione e quindi della cessazione di questa singolare attività. Da allora seguì il totale abbandono della galleria-rifugio antiaereo. Ed ora che farne? Fu nuovamente richiesto. L’idea di recuperarla come percorso stradale l’aveva accarezzata anni fa il compianto assessore Giovanni Elemento e, qualche tempo dopo, l’idea fu ripresa dall’assessore Gian Camillo Cortemiglia. Ma poi ritornò ancora il silenzio. E allora perché ora non pensare almeno ad un concorso di idee per il recupero e l’utilizzo di tale struttura? Potrebbe affiorare qualche idea veramente geniale… Queste notizie sono state in parte reperite tra i documenti conservati nell’archivio storico cittadino, ma soprattutto grazie alla disponibilità dell’Ing, Giulio Carisano (figlio dell’indimenticabile ispettore scolastico prof. Carisano) il quale, nel corso di un incontro, gentilmente e dettagliatamente, mi ricostruì la complessa vicenda della lavorazione e commercializzazione dei funghi champignon.
Armando Bergaglio