Dal rapporto della Fondazione Gimbe
La sanità è sempre un argomento scottante, interessante e pieno di sorprese. La scorsa settimana abbiamo pubblicato una lettera dei segretari di un sindacato degli infermieri, che lamentava la mancanza di dialogo con l’Asl alessandrina. Ora vogliamo ampliare un attimo l’orizzonte per guardare a livello nazionale, grazie al rapporto della Fondazione Gimbe, specializzata proprio in indagini sulla sanità nazionale. Ed i dati che emergono da questo 6° rapporto sono molto preoccupanti, ad iniziare dal titolo “Servizio sanitario nazionale al capolinea: compromesso il diritto alla tutela alla salute”.
Vediamo i dati principali. “Il fabbisogno sanitario nazionale dal 2010 al 2023 è aumentato complessivamente di 23,3 miliardi di euro, con una media di 1,94 miliardi annui. Ma dal 2010 al 2019 c’è stata una stagione di tagli: ben 37 miliardi sottratti a questo comparto, di cui 25 nei primi cinque anni. Poi è arrivata la pandemia, e dal 2020 al 2022 le risorse per la sanità sono aumentate di 11,2 miliardi, crescendo con una media del 3,4% annuo. Ma questo aumento di fatto è stato completamente assorbito dai costi della pandemia e non è servito a rafforzare strutturalmente il servizio sanitario. Quale futuro? La legge di bilancio del 2023 ha incrementato il fabbisogno sanitario nazionale di 2.150 milioni per l’anno in corso, di 2.300 milioni per il prossimo anno e di 2.600 milioni per il 2025. Ma – rileva il Gimbe – l’aumento percentuale del fabbisogno è inferiore a quello dell’inflazione; nel 2022 l’incremento è stato del 2,9% contro un’inflazione dell’8,1% mentre quest’anno l’aumento è del 2,8% contro un’inflazione che viene stimata a fine anno quasi del 6%”. La spesa sanitaria totale lo scorso anno è stata di 171.867 milioni di euro di cui 130.364 milioni di spesa pubblica (76%), 36.835 milioni (21,4%) di spesa a carico delle famiglie e 4.668 milioni di spesa intermediata dai fondi sanitari e assicurazioni (2,7%). Ciò significa, secondo il rapporto Gimbe, che la spesa sanitaria pubblica nel 2022 si attesta sul 6,8% del Pil (prodotto interno lordo) sotto dello 0,3% rispetto sia alla media dell’Ocse che a quella europea, con un gap di 829 euro pro capite. “Complessivamente rispetto alla media europea nel periodo dal 2010 al 2022 la spesa sanitaria pubblica italiana è stata inferiore di 345 miliardi di euro”. Non meglio si sta se lo sguardo viene rivolto non alla spesa ma al numero dei sanitari occupati. Secondo il rapporto nel 2021 i medici che lavorano nelle strutture sanitarie erano 124.506, con una media di 2,11 medici ogni 1.000 abitanti, con variazioni secondo le regioni anche molto forti. Gli infermieri, sempre nel 2021, erano 298.597 con media di 5,06 ogni 1.000 abitanti ed una media Ocse di 6,2. Inevitabile, secondo il rapporto, visti l’aumento di costi e tempistiche, una rimodulazione del Pnrr proposta dalla Commissione Europea, che prevede di non realizzare 414 case di comunità, 76 centrali operative territoriali, 96 ospedali di comunità e 22 interventi per adeguamento anti sismico. Insomma “non ci resta che piangere” parafrasando il famoso film di Troisi e Benigni.